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LE CURE POSSIBILI DEL CHERATOCONO
Rif.: Campagna Nazionale di Prevenzione e Diagnosi del Cheratocono
10 Settembre – 11 Ottobre 2019
- www.curagliocchi.it -
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LE CURE POSSIBILI DEL CHERATOCONO
La chirurgia della cornea ha visto straordinari sviluppi negli
ultimi anni; grazie anche a grandi avanzamenti tecnologici, specie nel campo
dei laser, il chirurgo oculista ha oggi a disposizione molteplici tecniche per intervenire
sulla cornea. Tali tecniche vanno da procedure minimamente invasive fino a
interventi chirurgici maggiori.
L’avere a disposizione molte “armi” consente quindi al chirurgo
oculista di scegliere la modalità meno invasiva e più adatta alla soluzione di
ogni singolo caso.
Il cheratocono può presentarsi in stadi estremamente diversi, che
richiedono soluzioni “su misura” che verranno valutate dal chirurgo oculista
caso per caso. La scelta dipende da numerose variabili, ma cerchiamo di
elencare gli interventi possibili e il loro razionale, partendo dalle soluzioni
meno invasive.
IL CROSS LINKING CORNEALE (CXL)
Il trattamento che ha dimostrato efficacia nel rallentare e in
molti casi a fermare l’evoluzione del cheratocono è il cross linking corneale o CXL. È un trattamento fondamentale nella cura del cheratocono e delle
altre ectasie corneali. Non è un intervento chirurgico, nel senso che non
vengono effettuate incisioni, suture o altre manovre invasive; è un intervento
chiamato “parachirurgico”.
È una procedura che viene applicata per la terapia del cheratocono
iniziale, cioè quando ancora lo spessore e le curvature della cornea sono
discretamente o completamente conservate. Talvolta si applica questo
trattamento anche a pazienti affetti da cheratocono in uno stadio evolutivo più
avanzato al fine soprattutto di limitare la velocità di progressione.
Questo metodo, chiamato cross linking del collagene corneale,
consiste nell’applicazione sulla cornea di un prodotto chiamato Riboflavina;
esso viene poi attivato da una luce ultravioletta della famiglia dei raggi UVA.
L’azione della luce associata al farmaco stimola la cornea a rinforzare i
legami tra i tessuti che la compongono, determinando un arresto o quanto meno
un rallentamento dell’evoluzione della malattia. Lo scopo è sostanzialmente
quello di aumentare la rigidità e la resistenza della cornea.
I risultati ottenuti fino ad ora sono molto favorevoli, in quanto
i pazienti trattati presentano un rallentamento del processo di
assottigliamento della cornea con una conseguente stabilizzazione del difetto
visivo dovuto alla deformazione della cornea affetta da cheratocono.
In alcuni casi si è anche assistito ad una lieve riduzione del
difetto refrattivo (miopia e/o astigmatismo) con conseguente miglioramento
della qualità visiva. Alla terapia consegue una stabilizzazione della malattia,
una migliore tolleranza delle lenti a contatto, un beneficio della qualità
della vista ed un allontanamento dell’eventuale intervento di trapianto.
Le tecniche
del CXL. Ci sono
varie modalità per eseguire il crosslinking; tutte comunque vengono fatte in
anestesia con colliri, sono indolori ed eseguibili ambulatorialmente; la
tecnica di esecuzione è semplice e poco invasiva rispetto alle altre proposte
terapeutiche del cheratocono.
·
Tecnica standard EPI-OFF
Il paziente viene anestetizzato con alcune gocce di
collirio. Vengono poi instillate alcune gocce di antibiotico e di disinfettante
oculare.
Viene applicato un telino sterile intorno all’occhio e
le palpebre vengono aperte mediante due piccoli divaricatori. Il medico
oculista rimuove l’epitelio, cioè lo strato di cellule che ricopre la cornea
(tecnica EPI-OFF), e poi instilla ripetutamente la riboflavina in gocce per un
tempo di circa 15’. Avvicina poi all’occhio uno strumento che emette una luce
della famiglia degli U-V e irradia la cornea per circa 30’, continuando di
tanto in tanto ad instillare delle gocce di riboflavina.
Il medico applica poi una lente a contatto terapeutica per facilitare il processo di guarigione e ridurre i fastidi al paziente nel periodo che segue il trattamento; applica poi qualche goccia di collirio antibiotico e invia il paziente in sala d’attesa. Egli potrà poi andare a casa dopo 15’-20’.
Il medico applica poi una lente a contatto terapeutica per facilitare il processo di guarigione e ridurre i fastidi al paziente nel periodo che segue il trattamento; applica poi qualche goccia di collirio antibiotico e invia il paziente in sala d’attesa. Egli potrà poi andare a casa dopo 15’-20’.
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Tecnica di crosslinking EPI-ON
Nel 2009 un’azienda italiana leader del settore ha
introdotto una riboflavina modificata legandola ad una sostanza capace di
superare lo strato superficiale della cornea (epitelio); in tal modo si può effettuare
il trattamento di Cross-linking corneale senza togliere l’epitelio (EPI-ON) e
di conseguenza in modo meno fastidioso per il paziente. Per cui utilizzando
questa modalità, la tecnica di crosslinking diviene più semplice. Tuttavia, secondo alcuni studi si otterrebbe
un minor effetto terapeutico.
Il CXL, come è stato inizialmente eseguito e come tutt’ora viene fatto
nella grande maggioranza dei casi, ha durata complessiva di quasi un’ora (30’
per la preparazione dell’occhio, rimozione dell’epitelio e imbibizione della
cornea con riboflavina e altri 30 minuti di irraggiamento). La durata del
trattamento transepiteliale (EPI-ON) è pure di circa un’ora (30 minuti di
imbibizione + 30 minuti di irraggiamento). La tecnica EPI-ON è stata introdotta
nel 2010.
Entrambe le tecniche EPI-OFF ed EPI-ON hanno il limite di essere ritenute
lunghe e fastidiose dai pazienti a causa dei tempi di esecuzione, circa un’ora
per ogni paziente.
IONTOFORESI CORNEALE
La iontoforesi corneale, sviluppata in Italia nel 2010 è una recente scoperta della ricerca e consente una drastica riduzione dei tempi di trattamento del CXL: dagli attuali 60 minuti della tecnica EPI-OFF e EPI- ON ai 15 minuti con la nuova procedura. La iontoforesi (da iòntos=ione e phòresis = trasporto, trasporto di ioni) consiste nel trasferimento unidirezionale di molecole, fornite di carica ionica, all’interno dei tessuti da trattare, grazie ad un campo elettrico a bassa intensità. Grazie alla iontoforesi, si raggiunge nello stroma corneale una concentrazione di riboflavina equivalente alla imbibizione della tecnica standard.
La iontoforesi oculare risulta estremamente semplice nell’esecuzione ed è ottimamente tollerata dal paziente.
Ecco come si svolge l’intervento.
Il trattamento viene effettuato mediante l’applicazione sul paziente dei
due elettrodi collegati ad un delicato generatore di corrente continua. Per
primo, viene posizionato l’elettrodo positivo a forma di cerotto al centro
della fronte del paziente, e, successivamente, l’altro sull’occhio del
paziente. Poi, viene riempito l’elettrodo negativo, situato nell’occhio, con
un’apposita formulazione di riboflavina specifica per iontoforesi corneale. Viene attivata la corrente elettrica a
bassissima intensità, ottimamente tollerata dal paziente per cinque minuti. Il
flusso di corrente (a bassa intensità) tra i due elettrodi permette alla
formulazione di riboflavina di penetrare rapidamente nello stroma corneale,
attraverso l’epitelio integro (quindi senza disepitelizzazione).
Contemporaneamente
alla iontoforesi, è stata introdotta un’altra innovazione; la riduzione dei
tempi di irraggiamento da 30’ a 9’ grazie ad un nuovo strumento che emette
irradiazione necessaria in un tempo più breve.
Il
CXL è indicato praticamente sempre nei giovani e giovanissimi, vista la quasi
ineluttabile tendenza a peggiorare e comunque ogni qualvolta si riscontrino
segni di evolutività. Sebbene la funzione del CXL sia quella di irrobustire la
cornea e non di correggere difetti refrattivi o modificare la vista, in diversi
casi si è osservato un miglioramento visivo a distanza di tempo dal trattamento
CXL, in genere dopo diversi mesi. Ad
oggi la tecnica standard EPI-OFF (cioè con rimozione dell’epitelio) vanta un
lungo follow-up; essa viene eseguita in Italia dal 2007 ed ha dimostrato negli
anni di essere una tecnica sicura ed efficace per il trattamento del
cheratocono e delle ectasie corneali. Si
calcola che dall’avvio della tecnica ad oggi siano stati praticati oltre un
milione di trattamenti nel mondo.
Il CXL è anche indicato in associazione a trattamenti conservativi
come la PRK customizzata o l’impianto di anelli intrastromali.
ALTRE
TECNICHE
Solo in casi lievi, in cui le curvature corneali sono ancora
abbastanza ben conservate, è possibile una correzione ottimale con lenti da occhiale.
·
Le lenti a contatto o LAC (rigide, ma
anche semirigide o morbide) in molti casi permettono, se tollerate, di ottenere
eccellenti risultati visivi. È spesso necessaria una certa dose di pazienza sia
al contattologo che al paziente per trovare la giusta lente che fornisca un
buon risultato visivo. Un concetto che a volte genera confusione e aspettative
errate è quello che la lente a contatto rigida sia in grado di contrastare lo
sfiancamento e rallentare l’evoluzione del cheratocono. Purtroppo la lente a
contatto è solo appoggiata sulla cornea e non è in grado di “contenerla” e
quindi evitare la progressione della malattia. Permette invece di correggere
molto efficacemente il difetto rifrattivo irregolare tipico del cheratocono.
Ciò viene ottenuto perché lo strato di lacrime che si viene a trovare tra
cornea e lente a contatto “ammortizza” le irregolarità corneali e ciò consente
di migliorare la qualità visiva; inoltre, la correzione ottica fornita dalla
LAC comporta un aumento dell’acuità visiva. Se il cheratocono è troppo
avanzato, la lente a contatto può non essere tollerata e debbono essere prese
in considerazione le possibilità chirurgiche, più o meno conservative, a
seconda della gravità del quadro.
·
L’impianto di
anelli intrastromali in casi selezionati permette di contrastare lo sfiancamento
e regolarizzare la curvatura centrale della cornea (l’assottigliamento della
cornea non deve essere troppo marcato). La regolarizzazione di curvatura
consente una più facile correzione con occhiale o lente a contatto e un
miglioramento della capacità visiva. Gli anelli vengono impiantati con una
procedura ambulatoriale minimamente invasiva nella quale non viene asportato
tessuto corneale; l’intervento è anche completamente reversibile.
·
La
Fotocheratectomia refrattiva (PRK)
può essere utile in casi di cheratocono stabile e in forma leggera, cioè senza
eccessivo sfiancamento e senza troppo assottigliamento corneale. Un trattamento
su misura o “customizzato” permette di ridurre le irregolarità di curvatura più
marcate o anche di eliminare alcune opacità superficiali che a volte insorgono
anche dopo uso prolungato di lenti a contatto. La PRK in tali casi deve essere
accompagnata anche dal CXL. In alcuni casi, soprattutto in caso di stabilità
del cheratocono ed in pazienti non troppo giovani, un difetto rifrattivo molto
elevato associato al cheratocono – di regola di tipo miopico e astigmatico- può
essere corretto anche grazie alla tecnica dell’impianto di un cristallino
artificiale aggiuntivo o “IOL fachica”
(cosiddetta tecnica del “doppio cristallino”) in modo del tutto analogo a
quanto viene effettuato in casi di miopia elevata, con o senza astigmatismo.
·
La
cheratoplastica. A seconda dell’entità dello
sfiancamento, la curvatura irregolare provoca alterazioni dell’acuità e della
qualità visiva fino a una perdita quasi completa. In casi molto rari
l’assottigliamento della cornea può essere così marcato da mettere a rischio
l’integrità del globo oculare: in tali casi bisogna intervenire tempestivamente
con un trapianto di cornea. In casi di cheratocono più avanzato è necessario
ripristinare la struttura corneale mediante un trapianto di cornea o
cheratoplastica. Quando le condizioni anatomiche lo consentono il chirurgo
oculista cercherà di preservare gli strati più profondi della cornea e
l’endotelio corneale eseguendo una cheratoplastica
lamellare anteriore (DALK è la modalità più comune). In alcuni casi, si può
rendere necessario trapiantare la cornea in tutto il suo spessore eseguendo la cheratoplastica perforante. Con
entrambi i tipi di trapianto si possono ottenere buoni risultati nel recupero
della capacità visiva.
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IL TRAPIANTO DI CORNEA
Rif.: Campagna Nazionale di Prevenzione e Diagnosi del Cheratocono
10 Settembre – 11 Ottobre 2019
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IL TRAPIANTO DI
CORNEA
Purtroppo, molte malattie, degenerazioni, cicatrici possono
provocare opacità e/o deformare la cornea a un punto tale che la capacità
visiva non è migliorabile con procedure conservative, rendendo necessaria la
sostituzione del tessuto corneale, cioè effettuando un trapianto di cornea o
“cheratoplastica”.
Si stimano oltre 6.000 trapianti corneali all’anno in Italia e il
fabbisogno annuo è di 130 cornee per milione di popolazione. La percentuale di
sopravvivenza del lembo innestato è del 95% dopo un anno e del 60% dopo dieci
anni.
I trapianti di cornea hanno una percentuale di successo anatomico
molto alta, circa del 95%. Una delle ragioni principali che spiegano questi
eccellenti risultati è che la cornea è uno dei pochi tessuti umani che può
essere trapiantato con un rischio molto basso di rigetto, venendo quindi
“accettata” dall’organismo ricevente. Inoltre lo sviluppo di nuove tecniche
mini-invasive ha ulteriormente ridotto questo rischio.
Le Banche degli occhi
Per effettuare un trapianto di cornea è
necessario sostituire la cornea malata del ricevente con una trasparente da
donatore.
Il tessuto corneale proviene da persone
che hanno deciso di essere donatori perchè altri possano averne un beneficio. A
queste persone va il ringraziamento di tutti noi, sia pazienti che medici.
Tutti i tessuti di donatori vengono sottoposti a screening per escludere la
possibilità di infezioni, quali epatite, sifilide, AIDS. Esiste una rete
nazionale che si occupa delle donazioni, che afferiscono alle cosiddette Banche
degli Occhi. Si tratta di un network nazionale e sovranazionale regolato da
criteri estremamente rigorosi che garantiscono il rispetto e la segretezza dei
donatori oltre alla sicurezza dei pazienti e che opera in collegamento con il
Centro Nazionale Trapianti. Ogni anno si raccolgono 12.000-15.000 cornee.
Oltre infatti alla possibilità di effettuare un trapianto a tutto
spessore (cheratoplastica perforante), si sono aggiunte tecniche cosiddette
“lamellari”, nelle quali è solo uno strato della cornea ad essere trapiantato.
Si distinguono cheratoplastica lamellare anteriore, nella quale sono gli strati più esterni della cornea ad essere trapiantati, e cheratoplastica lamellare posteriore o endoteliale, nella quale è lo strato più interno, quello che supporta le cellule endoteliali, ad essere sostituito.
Si distinguono cheratoplastica lamellare anteriore, nella quale sono gli strati più esterni della cornea ad essere trapiantati, e cheratoplastica lamellare posteriore o endoteliale, nella quale è lo strato più interno, quello che supporta le cellule endoteliali, ad essere sostituito.
DOMANDE
Come vengono reperite le cornee da trapianto?
Il tessuto corneale proviene da
persone che hanno deciso di effettuare la donazione perchè altri possano averne
un beneficio. Esiste una rete nazionale che si occupa delle donazioni, che
afferiscono alle cosiddette Banche degli Occhi. Oggi, grazie a una maggiore
sensibilizzazione della popolazione e ad una efficiente organizzazione dei
prelievi e della selezione dei tessuti, la disponibilitá di cornee è maggiore
e quindi il trapianto di cornea non deve più essere visto come un evento
eccezionale.
Tutte le persone sono potenziali donatori di cornea?
In caso di decesso di una
persona, è necessario che i parenti, tramite i medici o il personale
infermieristico del reparto ospedaliero, manifestino la volontà di donare le
cornee e firmino un'autorizzazione scritta. É compito del personale sanitario
avviare le procedure per il prelievo. I tessuti prelevati vengono inviati alla
più vicina Banca degli occhi, che, dopo averne valutato l'idoneità, li
distribuisce alle strutture, dove i chirurghi oftalmologi eseguono i trapianti.
Si tratta di un network nazionale e sovranazionale regolato da criteri
estremamente rigorosi che garantiscono il rispetto e la segretezza dei donatori
oltre alla sicurezza dei pazienti.
Le cornee per il trapianto possono trasmettere malattie?
A differenza degli organi, come
per esempio il cuore o i reni, la cornea è un tessuto e non contiene vasi
sanguigni: per questo motivo, è difficile che i germi responsabili di malattie
infettive possano contaminare il tessuto corneale. In ogni caso, vengono
esclusi i donatori positivi per epatite B, epatite C, AIDS e i tessuti vengono
sottoposti ad accurati controlli microbiologici.
Si tratta di un intervento
doloroso?
No. L’intervento non comporta
dolore. Se si esegue in anestesia generale il paziente viene completamente
addormentato; se si esegue in anestesia locale, tutta la zona intorno al bulbo
oculare ed il bulbo oculare vengono anestetizzati.
Quanto tempo impiega l'occhio a
recuperare la vista?
I tempi per un pieno recupero
visivo variano da persona a persona e da occhio a occhio. Per ottimizzare la
visione può essere indicato l'uso di occhiali o di lenti a contatto o la
rimozione di uno o più punti di sutura. In generale, comunque occorrono alcuni
mesi affinché la visione sia discretamente buona.
Il rigetto della cornea è
possibile?
La maggior parte dei casi clinici
di cheratocono che necessitano di trapianto di cornea perforante sono
interventi a basso rischio di rigetto. Se si manifesta il rigetto, può essere
fatto regredire con una pronta ed efficace terapia a base di colliri. Il rischio
di rigetto si verifica per lo più dopo circa un mese e si riduce gradualmente
con il passare del tempo. Nei casi in cui il rigetto abbia comportato
l'opacamento della cornea trapiantata, l'intervento può essere ripetuto,
instaurando però una adeguata terapia preventiva. Nel caso del trapianto
lamellare anteriore, il rischio di un rigetto è virtualmente assente.
Quali sono i sintomi del rigetto?
Il rigetto si manifesta
all'inizio con lievi disturbi quali appannamento della vista, fastidio alla
luce, arrossamento dell'occhio e talvolta dolore oculare. Quindi, se questi
sintomi compaiono è importante recarsi immediatamente dall'oculista perchè è
fondamentale, per evitare danni al trapianto, iniziare la terapia il più presto
possibile. Il rischio di rigetto aumenta quando l'occhio è irritato o quando
vengono fatti interventi o tolti punti alla cornea. É necessario quindi fare
molta attenzione a tutte quelle situazioni che possono determinare
infiammazioni dell'occhio operato: vento, polvere, sostanze irritanti, ecc.
DOMANDE SUL CROSS-LINKING CORNEALE
Il cross-linking corneale (CXL) è
un intervento chirurgico?
No, è un intervento
“para-chirurgico”. La cornea non viene sottoposta a manovre chirurgiche come
incisioni o suture.
In cosa consiste?
In sostanza la cornea viene
irraggiata da una sorgente a raggi ultravioletti dopo essere stata imbibita di
una sostanza, la riboflavina.
A cosa serve il CXL?
Induce la formazione di legami
chimici fra le molecole di collagene della cornea, aumentandone la rigidità e
la resistenza. Per questo motivo permette di rallentare o arrestare la tendenza
allo sfiancamento in alcune patologie della cornea, prima fra tutte il
cheratocono.
Dove e come viene eseguito il
CXL?
Il trattamento viene eseguito
ambulatorialmente, con il paziente sdraiato su un lettino in un ambiente
protetto come un ambulatorio chirurgico. Sia l’imbibizione che l’irraggiamento
possono essere eseguiti con modalità e tempi diversi. In particolare, vi è una
tendenza nell’evoluzione della tecnica a utilizzare modalità che accelerano
l’imbibizione della cornea da parte della riboflavina e irraggiamenti di
maggiore intensità, che permettono di abbreviare notevolmente i tempi
dell’intervento.
Cosa significano i termini
epi-on, epi-off e iontoforesi applicati al CXL?
Epi-off è la prima tecnica, nella quale
l’epitelio corneale viene asportato all’inizio del trattamento per far sì che
la riboflavina penetri con facilità nella cornea: consente di ottenere un buon
irrigidimento della cornea, ma è un po’ invasivo e fastidioso per il paziente,
e il recupero visivo è piuttosto lento.
Epi-on significa che l’epitelio
corneale non viene toccato e si utilizza una apposita formulazione di
riboflavina che riesce ad attraversarlo per penetrare all’interno della cornea:
questa modalità consente al paziente di avere meno disturbi ma l’effetto di
irrigidimento sulla cornea è meno marcato rispetto alla tecnica classica.
La iontoforesi applicata al CXL consente di “forzare” il passaggio
della riboflavina attraverso l’epitelio corneale grazie all’utilizzo di un
lieve campo elettrico fornito da due piccole batterie. In questo modo si
ottiene lo stesso effetto di irrigidimento della cornea della tecnica epi-off,
ma senza gli inconvenienti ed i fastidi legati all’asportazione dell’epitelio.
Si tratta di un intervento
doloroso?
No. L’intervento non comporta
dolore. Vengono utilizzate delle gocce di anestetico e al termine
dell’intervento viene applicata una lente a contatto terapeutica.
Quali sono i disturbi dopo
l’intervento?
Con la tecnica epi-off sono
normali una iniziale difficoltá a tenere l'occhio aperto, un certo fastidio
specie alla luce e una certa lacrimazione, con una certa frequenza, dolore:
tutto questo migliora rapidamente nell'arco di uno-due giorni. Con la tecnica
di iontoforesi i disturbi sono minori rispetto alla tecnica epi-off. In pratica
quasi nessun fastidio con la tecnica epi-on.
Quanto tempo impiega l'occhio a
recuperare la vista?
Il recupero della vista può
richiedere alcuni giorni e a volte settimane per la tecnica epi-off, mentre è
più rapido per la tecnica con iontoforesi e con la tecnica epi-on.
Il difetto visivo preesistente
può ridursi con il trattamento di CXL?
É abbastanza frequente assistere
ad una lieve riduzione del difetto refrattivo (astigmatismo o miopia) indotti
dalla malattia, con conseguente miglioramento della qualità visiva. Si tratta
in genere di un miglioramento che si avverte nel giro di mesi e spesso tende a
migliorare ulteriormente a 1-2 anni dal trattamento.
In conclusione, cosa si vuole ottenere con il CXL?
La tecnica, irrobustendo la
cornea, si propone di stabilizzare la malattia. Se eseguito precocemente, può evitare la necessità di fare il trapianto di cornea.
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[Rif. CAMO, Centro Ambrosiano Oftalmico - Sito: camospa.it - Contatti/info: stampa@camospa.it]
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