martedì 17 settembre 2019

«INTESTINO "SECONDO CERVELLO": IL MICROBIOTA REGOLA L'UMORE ATTRAVERSO I PEPTIDI»

«Uno studio della University of Cork fa luce su come l'intestino e il microbiota agiscano sul cervello e sull'umore attraverso sostanze secrete da cellule della parete intestinale, i peptidi. 
Per questo, è possibile un supporto nella lotta a depressione e ansia con particolari probiotici, gli psicobiotici.»

L'asse microbiota-intestino-cervello è uno dei temi del convegno "The human brain seen from multiple perspectives" (Torino, 14 settembre 2019)


Torino, settembre 2019

«Uno studio dello University College of Cork (Irlanda) segna un importante avanzamento nel capire i meccanismi che rendono l'intestino il "secondo cervello": il ruolo esercitato da questo organo e dal microbiota, l'insieme di batteri "buoni" che vivono in maniera simbiotica con l'uomo al suo interno, nel regolare l'umore dell'individuo e aggravare disturbi come ansia e depressione è noto da tempo ma non era chiaro come questi microrganismi potessero svolgere questa azione. I ricercatori irlandesi hanno evidenziato che il microbiota agisce sull'intestino favorendo o contrastando la produzione di alcune sostanze, i peptidi, che, secreti dalle sue pareti, entrano nel circolo sanguigno e arrivano al cervello, condizionando l'umore dell'individuo.
L'esistenza di questo meccanismo apre la strada a nuovi trattamenti con "psicobiotici", particolari probiotici che, modificando il microbiota, possono essere un valido aiuto nel combattere disturbi dell'umore come ansia e depressione.

L'influenza dei probiotici e del microbiota su ansia e depressione è solo uno dei temi affrontati a Torino il 14 settembre 2019 nel corso del convegno "The human brain seen from multiple perspectives" organizzato dall’Istituto di ricerca “Quantitative and Quantum Dynamics of Living Organisms - Center for Medicine, Mathematics and Philosophy Studies”, con il patrocinio della Società Italiana di Biologia sperimentale e del Politecnico di Torino. In questa occasione, esperti internazionali a confronto su: rapporto intestino-cervello, architettura e geografia del cervello, coscienza e comportamento, farmaci psicotropi, stress e reti neurali. 


L'asse intestino-cervello
La comunicazione tra cervello e intestino è bidirezionale. L'apparato digerente può trasmettere diverse sensazioni al sistema nervoso, come nausea, fame o dolore, e questo ultimo a sua volta può influenzarne la funzionalità come accade, per esempio, in situazioni di stress che portano dispepsia o sindrome del colon irritabile. Questa comunicazione avviene attraverso segnali nervosi, immunologici e anche ormonali. In questo ultimo caso si tratta della produzione da parte di particolari cellule della parete intestinale, le cellule enteroendocrine, di peptidi, catene di aminoacidi, che il corpo umano usa come messaggeri tra intestino e cervello. Le cellule enteroendocrine rilasciano peptidi quando entrano in contatto con il cibo e sono influenzate a produrle dal microbiota, che è coinvolto nel processo di digestione.
Sono numerosi i peptidi che agiscono su ansia e depressione: tra questi neuropeptidi Y, GLP-1, colecistochinine, ossitocina, grelina e fattore di rilascio della corticotropina.

Il microbiota
Ha importanti funzioni: per esempio, trasforma in molecole assimilabili sostanze che altrimenti non lo sarebbero, come le cartilagini e le molecole di cellulosa, e sintetizza sostanze indispensabili, come la vitamina K, che svolge un ruolo essenziale nella coagulazione del sangue. Questi microrganismi, presenti all'interno dell'intestino in un numero elevatissimo, compreso tra 1013 e 1014 si nutrono di zuccheri che l'essere umano mangia. Poiché il microbiota svolge funzioni molto importanti per l'organismo un suo alterato equilibrio può contribuire allo sviluppo di patologie gravi come malattie metaboliche, patologie infiammatorie croniche, sindrome del colon irritabile, obesità ma anche autismo, depressione e stress.»


Convegno con il sostegno non condizionante di Bromatech s.r.l., azienda specializzata nella ricerca e nello sviluppo di prodotti per la salute a base di probiotici. 

«Bromatech s.r.l. ha una particolare attenzione per la ricerca scientifica e sostiene da sempre i convegni promossi dell’Istituto di ricerca QPP perché crede nell’importanza dell’avanzamento della conoscenza scientifica.»


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Neurotherapeutics
Anxiety, Depression, and the Microbiome: A Role for Gut Peptides.
Lach G (1), Schellekens H. (1,2,3), Dinan TG (1,4), Cryan JF (5,6).
  1. APC Microbiome Institute, University College Cork, Cork, Ireland.
  2. Department of Anatomy and Neuroscience, University College Cork, Cork, Ireland.
  3. Food for Health Ireland, University College Cork, Cork, Ireland.
  4. Department of Psychiatry and Neurobehavioural Science, University College Cork, Cork, Ireland.
  5. APC Microbiome Institute, University College Cork, Cork, Ireland. j.cryan@ucc.ie.
  6. Food for Health Ireland, University College Cork, Cork, Ireland. j.cryan@ucc.ie.





Info/Contatti:
SEC – Milano
www.secrp.com

LE CURE POSSIBILI DEL CHERATOCONO + IL TRAPIANTO DI CORNEA (Rif.: Campagna Nazionale di Prevenzione e Diagnosi del Cheratocono, 10 Settembre – 11 Ottobre 2019, www.curagliocchi.it)

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LE CURE POSSIBILI DEL CHERATOCONO
Rif.: Campagna Nazionale di Prevenzione e Diagnosi del Cheratocono
10 Settembre – 11 Ottobre 2019
-  www.curagliocchi.it  -

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LE CURE POSSIBILI DEL CHERATOCONO

La chirurgia della cornea ha visto straordinari sviluppi negli ultimi anni; grazie anche a grandi avanzamenti tecnologici, specie nel campo dei laser, il chirurgo oculista ha oggi a disposizione molteplici tecniche per intervenire sulla cornea. Tali tecniche vanno da procedure minimamente invasive fino a interventi chirurgici maggiori.
L’avere a disposizione molte “armi” consente quindi al chirurgo oculista di scegliere la modalità meno invasiva e più adatta alla soluzione di ogni singolo caso.
Il cheratocono può presentarsi in stadi estremamente diversi, che richiedono soluzioni “su misura” che verranno valutate dal chirurgo oculista caso per caso. La scelta dipende da numerose variabili, ma cerchiamo di elencare gli interventi possibili e il loro razionale, partendo dalle soluzioni meno invasive.

IL CROSS LINKING CORNEALE (CXL)

Il trattamento che ha dimostrato efficacia nel rallentare e in molti casi a fermare l’evoluzione del cheratocono è il cross linking corneale o CXL. È un trattamento fondamentale nella cura del cheratocono e delle altre ectasie corneali. Non è un intervento chirurgico, nel senso che non vengono effettuate incisioni, suture o altre manovre invasive; è un intervento chiamato “parachirurgico”.
È una procedura che viene applicata per la terapia del cheratocono iniziale, cioè quando ancora lo spessore e le curvature della cornea sono discretamente o completamente conservate. Talvolta si applica questo trattamento anche a pazienti affetti da cheratocono in uno stadio evolutivo più avanzato al fine soprattutto di limitare la velocità di progressione.
Questo metodo, chiamato cross linking del collagene corneale, consiste nell’applicazione sulla cornea di un prodotto chiamato Riboflavina; esso viene poi attivato da una luce ultravioletta della famiglia dei raggi UVA. L’azione della luce associata al farmaco stimola la cornea a rinforzare i legami tra i tessuti che la compongono, determinando un arresto o quanto meno un rallentamento dell’evoluzione della malattia. Lo scopo è sostanzialmente quello di aumentare la rigidità e la resistenza della cornea.
I risultati ottenuti fino ad ora sono molto favorevoli, in quanto i pazienti trattati presentano un rallentamento del processo di assottigliamento della cornea con una conseguente stabilizzazione del difetto visivo dovuto alla deformazione della cornea affetta da cheratocono.
In alcuni casi si è anche assistito ad una lieve riduzione del difetto refrattivo (miopia e/o astigmatismo) con conseguente miglioramento della qualità visiva. Alla terapia consegue una stabilizzazione della malattia, una migliore tolleranza delle lenti a contatto, un beneficio della qualità della vista ed un allontanamento dell’eventuale intervento di trapianto.
Le tecniche del CXL. Ci sono varie modalità per eseguire il crosslinking; tutte comunque vengono fatte in anestesia con colliri, sono indolori ed eseguibili ambulatorialmente; la tecnica di esecuzione è semplice e poco invasiva rispetto alle altre proposte terapeutiche del cheratocono.
·         Tecnica standard EPI-OFF
Il paziente viene anestetizzato con alcune gocce di collirio. Vengono poi instillate alcune gocce di antibiotico e di disinfettante oculare.
Viene applicato un telino sterile intorno all’occhio e le palpebre vengono aperte mediante due piccoli divaricatori. Il medico oculista rimuove l’epitelio, cioè lo strato di cellule che ricopre la cornea (tecnica EPI-OFF), e poi instilla ripetutamente la riboflavina in gocce per un tempo di circa 15’. Avvicina poi all’occhio uno strumento che emette una luce della famiglia degli U-V e irradia la cornea per circa 30’, continuando di tanto in tanto ad instillare delle gocce di riboflavina.
Il medico applica poi una lente a contatto terapeutica per facilitare il processo di guarigione e ridurre i fastidi al paziente nel periodo che segue il trattamento; applica poi qualche goccia di collirio antibiotico e invia il paziente in sala d’attesa. Egli potrà poi andare a casa dopo 15’-20’.
·         Tecnica di crosslinking EPI-ON
Nel 2009 un’azienda italiana leader del settore ha introdotto una riboflavina modificata legandola ad una sostanza capace di superare lo strato superficiale della cornea (epitelio); in tal modo si può effettuare il trattamento di Cross-linking corneale senza togliere l’epitelio (EPI-ON) e di conseguenza in modo meno fastidioso per il paziente. Per cui utilizzando questa modalità, la tecnica di crosslinking diviene più semplice.  Tuttavia, secondo alcuni studi si otterrebbe un minor effetto terapeutico.
Il CXL, come è stato inizialmente eseguito e come tutt’ora viene fatto nella grande maggioranza dei casi, ha durata complessiva di quasi un’ora (30’ per la preparazione dell’occhio, rimozione dell’epitelio e imbibizione della cornea con riboflavina e altri 30 minuti di irraggiamento). La durata del trattamento transepiteliale (EPI-ON) è pure di circa un’ora (30 minuti di imbibizione + 30 minuti di irraggiamento). La tecnica EPI-ON è stata introdotta nel 2010.
Entrambe le tecniche EPI-OFF ed EPI-ON hanno il limite di essere ritenute lunghe e fastidiose dai pazienti a causa dei tempi di esecuzione, circa un’ora per ogni paziente.

IONTOFORESI CORNEALE

La iontoforesi corneale, sviluppata in Italia nel 2010 è una recente scoperta della ricerca e consente una drastica riduzione dei tempi di trattamento del CXL: dagli attuali 60 minuti della tecnica EPI-OFF e EPI- ON ai 15 minuti con la nuova procedura. La iontoforesi (da iòntos=ione e phòresis = trasporto, trasporto di ioni) consiste nel trasferimento unidirezionale di molecole, fornite di carica ionica, all’interno dei tessuti da trattare, grazie ad un campo elettrico a bassa intensità. Grazie alla iontoforesi, si raggiunge nello stroma corneale una concentrazione di riboflavina equivalente alla imbibizione della tecnica standard.
La iontoforesi oculare risulta estremamente semplice nell’esecuzione ed è ottimamente tollerata dal paziente.           
Ecco come si svolge l’intervento.  Il trattamento viene effettuato mediante l’applicazione sul paziente dei due elettrodi collegati ad un delicato generatore di corrente continua. Per primo, viene posizionato l’elettrodo positivo a forma di cerotto al centro della fronte del paziente, e, successivamente, l’altro sull’occhio del paziente. Poi, viene riempito l’elettrodo negativo, situato nell’occhio, con un’apposita formulazione di riboflavina specifica per iontoforesi corneale. Viene attivata la corrente elettrica a bassissima intensità, ottimamente tollerata dal paziente per cinque minuti. Il flusso di corrente (a bassa intensità) tra i due elettrodi permette alla formulazione di riboflavina di penetrare rapidamente nello stroma corneale, attraverso l’epitelio integro (quindi senza disepitelizzazione).
Contemporaneamente alla iontoforesi, è stata introdotta un’altra innovazione; la riduzione dei tempi di irraggiamento da 30’ a 9’ grazie ad un nuovo strumento che emette irradiazione necessaria in un tempo più breve.
Il CXL è indicato praticamente sempre nei giovani e giovanissimi, vista la quasi ineluttabile tendenza a peggiorare e comunque ogni qualvolta si riscontrino segni di evolutività. Sebbene la funzione del CXL sia quella di irrobustire la cornea e non di correggere difetti refrattivi o modificare la vista, in diversi casi si è osservato un miglioramento visivo a distanza di tempo dal trattamento CXL, in genere dopo diversi mesi. Ad oggi la tecnica standard EPI-OFF (cioè con rimozione dell’epitelio) vanta un lungo follow-up; essa viene eseguita in Italia dal 2007 ed ha dimostrato negli anni di essere una tecnica sicura ed efficace per il trattamento del cheratocono e delle ectasie corneali.  Si calcola che dall’avvio della tecnica ad oggi siano stati praticati oltre un milione di trattamenti nel mondo.
Il CXL è anche indicato in associazione a trattamenti conservativi come la PRK customizzata o l’impianto di anelli intrastromali.

ALTRE TECNICHE

Solo in casi lievi, in cui le curvature corneali sono ancora abbastanza ben conservate, è possibile una correzione ottimale con lenti da occhiale.
·         Le lenti a contatto o LAC (rigide, ma anche semirigide o morbide) in molti casi permettono, se tollerate, di ottenere eccellenti risultati visivi. È spesso necessaria una certa dose di pazienza sia al contattologo che al paziente per trovare la giusta lente che fornisca un buon risultato visivo. Un concetto che a volte genera confusione e aspettative errate è quello che la lente a contatto rigida sia in grado di contrastare lo sfiancamento e rallentare l’evoluzione del cheratocono. Purtroppo la lente a contatto è solo appoggiata sulla cornea e non è in grado di “contenerla” e quindi evitare la progressione della malattia. Permette invece di correggere molto efficacemente il difetto rifrattivo irregolare tipico del cheratocono. Ciò viene ottenuto perché lo strato di lacrime che si viene a trovare tra cornea e lente a contatto “ammortizza” le irregolarità corneali e ciò consente di migliorare la qualità visiva; inoltre, la correzione ottica fornita dalla LAC comporta un aumento dell’acuità visiva. Se il cheratocono è troppo avanzato, la lente a contatto può non essere tollerata e debbono essere prese in considerazione le possibilità chirurgiche, più o meno conservative, a seconda della gravità del quadro.
·         L’impianto di anelli intrastromali in casi selezionati permette di contrastare lo sfiancamento e regolarizzare la curvatura centrale della cornea (l’assottigliamento della cornea non deve essere troppo marcato). La regolarizzazione di curvatura consente una più facile correzione con occhiale o lente a contatto e un miglioramento della capacità visiva. Gli anelli vengono impiantati con una procedura ambulatoriale minimamente invasiva nella quale non viene asportato tessuto corneale; l’intervento è anche completamente reversibile.
·         La Fotocheratectomia refrattiva (PRK) può essere utile in casi di cheratocono stabile e in forma leggera, cioè senza eccessivo sfiancamento e senza troppo assottigliamento corneale. Un trattamento su misura o “customizzato” permette di ridurre le irregolarità di curvatura più marcate o anche di eliminare alcune opacità superficiali che a volte insorgono anche dopo uso prolungato di lenti a contatto. La PRK in tali casi deve essere accompagnata anche dal CXL. In alcuni casi, soprattutto in caso di stabilità del cheratocono ed in pazienti non troppo giovani, un difetto rifrattivo molto elevato associato al cheratocono – di regola di tipo miopico e astigmatico- può essere corretto anche grazie alla tecnica dell’impianto di un cristallino artificiale aggiuntivo o “IOL fachica” (cosiddetta tecnica del “doppio cristallino”) in modo del tutto analogo a quanto viene effettuato in casi di miopia elevata, con o senza astigmatismo.
·         La cheratoplastica. A seconda dell’entità dello sfiancamento, la curvatura irregolare provoca alterazioni dell’acuità e della qualità visiva fino a una perdita quasi completa. In casi molto rari l’assottigliamento della cornea può essere così marcato da mettere a rischio l’integrità del globo oculare: in tali casi bisogna intervenire tempestivamente con un trapianto di cornea. In casi di cheratocono più avanzato è necessario ripristinare la struttura corneale mediante un trapianto di cornea o cheratoplastica. Quando le condizioni anatomiche lo consentono il chirurgo oculista cercherà di preservare gli strati più profondi della cornea e l’endotelio corneale eseguendo una cheratoplastica lamellare anteriore (DALK è la modalità più comune). In alcuni casi, si può rendere necessario trapiantare la cornea in tutto il suo spessore eseguendo la cheratoplastica perforante. Con entrambi i tipi di trapianto si possono ottenere buoni risultati nel recupero della capacità visiva.






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IL TRAPIANTO DI CORNEA
Rif.: Campagna Nazionale di Prevenzione e Diagnosi del Cheratocono
10 Settembre – 11 Ottobre 2019
-  www.curagliocchi.it  -

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IL TRAPIANTO DI CORNEA

Purtroppo, molte malattie, degenerazioni, cicatrici possono provocare opacità e/o deformare la cornea a un punto tale che la capacità visiva non è migliorabile con procedure conservative, rendendo necessaria la sostituzione del tessuto corneale, cioè effettuando un trapianto di cornea o “cheratoplastica”.
Si stimano oltre 6.000 trapianti corneali all’anno in Italia e il fabbisogno annuo è di 130 cornee per milione di popolazione. La percentuale di sopravvivenza del lembo innestato è del 95% dopo un anno e del 60% dopo dieci anni.
I trapianti di cornea hanno una percentuale di successo anatomico molto alta, circa del 95%. Una delle ragioni principali che spiegano questi eccellenti risultati è che la cornea è uno dei pochi tessuti umani che può essere trapiantato con un rischio molto basso di rigetto, venendo quindi “accettata” dall’organismo ricevente. Inoltre lo sviluppo di nuove tecniche mini-invasive ha ulteriormente ridotto questo rischio.

Le Banche degli occhi
Per effettuare un trapianto di cornea è necessario sostituire la cornea malata del ricevente con una trasparente da donatore.
Il tessuto corneale proviene da persone che hanno deciso di essere donatori perchè altri possano averne un beneficio. A queste persone va il ringraziamento di tutti noi, sia pazienti che medici. Tutti i tessuti di donatori vengono sottoposti a screening per escludere la possibilità di infezioni, quali epatite, sifilide, AIDS. Esiste una rete nazionale che si occupa delle donazioni, che afferiscono alle cosiddette Banche degli Occhi. Si tratta di un network nazionale e sovranazionale regolato da criteri estremamente rigorosi che garantiscono il rispetto e la segretezza dei donatori oltre alla sicurezza dei pazienti e che opera in collegamento con il Centro Nazionale Trapianti. Ogni anno si raccolgono 12.000-15.000 cornee.
Oltre infatti alla possibilità di effettuare un trapianto a tutto spessore (cheratoplastica perforante), si sono aggiunte tecniche cosiddette “lamellari”, nelle quali è solo uno strato della cornea ad essere trapiantato.
Si distinguono cheratoplastica lamellare anteriore, nella quale sono gli strati più esterni della cornea ad essere trapiantati, e cheratoplastica lamellare posteriore o endoteliale, nella quale è lo strato più interno, quello che supporta le cellule endoteliali, ad essere sostituito.

DOMANDE
Come vengono reperite le cornee da trapianto?
Il tessuto corneale proviene da persone che hanno deciso di effettuare la donazione perchè altri possano averne un beneficio. Esiste una rete nazionale che si occupa delle donazioni, che afferiscono alle cosiddette Banche degli Occhi. Oggi, grazie a una maggiore sensibilizzazione della popolazione e ad una efficiente organizzazione dei prelievi e della selezione dei tessuti, la disponibilitá di cornee è maggiore e quindi il trapianto di cornea non deve più essere visto come un evento eccezionale.

Tutte le persone sono potenziali donatori di cornea?
In caso di decesso di una persona, è necessario che i parenti, tramite i medici o il personale infermieristico del reparto ospedaliero, manifestino la volontà di donare le cornee e firmino un'autorizzazione scritta. É compito del personale sanitario avviare le procedure per il prelievo. I tessuti prelevati vengono inviati alla più vicina Banca degli occhi, che, dopo averne valutato l'idoneità, li distribuisce alle strutture, dove i chirurghi oftalmologi eseguono i trapianti. Si tratta di un network nazionale e sovranazionale regolato da criteri estremamente rigorosi che garantiscono il rispetto e la segretezza dei donatori oltre alla sicurezza dei pazienti.

Le cornee per il trapianto possono trasmettere malattie?
A differenza degli organi, come per esempio il cuore o i reni, la cornea è un tessuto e non contiene vasi sanguigni: per questo motivo, è difficile che i germi responsabili di malattie infettive possano contaminare il tessuto corneale. In ogni caso, vengono esclusi i donatori positivi per epatite B, epatite C, AIDS e i tessuti vengono sottoposti ad accurati controlli microbiologici.

Si tratta di un intervento doloroso?
No. L’intervento non comporta dolore. Se si esegue in anestesia generale il paziente viene completamente addormentato; se si esegue in anestesia locale, tutta la zona intorno al bulbo oculare ed il bulbo oculare vengono anestetizzati.

Quanto tempo impiega l'occhio a recuperare la vista?
I tempi per un pieno recupero visivo variano da persona a persona e da occhio a occhio. Per ottimizzare la visione può essere indicato l'uso di occhiali o di lenti a contatto o la rimozione di uno o più punti di sutura. In generale, comunque occorrono alcuni mesi affinché la visione sia discretamente buona.

Il rigetto della cornea è possibile?
La maggior parte dei casi clinici di cheratocono che necessitano di trapianto di cornea perforante sono interventi a basso rischio di rigetto. Se si manifesta il rigetto, può essere fatto regredire con una pronta ed efficace terapia a base di colliri. Il rischio di rigetto si verifica per lo più dopo circa un mese e si riduce gradualmente con il passare del tempo. Nei casi in cui il rigetto abbia comportato l'opacamento della cornea trapiantata, l'intervento può essere ripetuto, instaurando però una adeguata terapia preventiva. Nel caso del trapianto lamellare anteriore, il rischio di un rigetto è virtualmente assente.

Quali sono i sintomi del rigetto?
Il rigetto si manifesta all'inizio con lievi disturbi quali appannamento della vista, fastidio alla luce, arrossamento dell'occhio e talvolta dolore oculare. Quindi, se questi sintomi compaiono è importante recarsi immediatamente dall'oculista perchè è fondamentale, per evitare danni al trapianto, iniziare la terapia il più presto possibile. Il rischio di rigetto aumenta quando l'occhio è irritato o quando vengono fatti interventi o tolti punti alla cornea. É necessario quindi fare molta attenzione a tutte quelle situazioni che possono determinare infiammazioni dell'occhio operato: vento, polvere, sostanze irritanti, ecc.

DOMANDE SUL CROSS-LINKING CORNEALE
Il cross-linking corneale (CXL) è un intervento chirurgico?
No, è un intervento “para-chirurgico”. La cornea non viene sottoposta a manovre chirurgiche come incisioni o suture.

In cosa consiste?
In sostanza la cornea viene irraggiata da una sorgente a raggi ultravioletti dopo essere stata imbibita di una sostanza, la riboflavina.

A cosa serve il CXL?
Induce la formazione di legami chimici fra le molecole di collagene della cornea, aumentandone la rigidità e la resistenza. Per questo motivo permette di rallentare o arrestare la tendenza allo sfiancamento in alcune patologie della cornea, prima fra tutte il cheratocono.

Dove e come viene eseguito il CXL?
Il trattamento viene eseguito ambulatorialmente, con il paziente sdraiato su un lettino in un ambiente protetto come un ambulatorio chirurgico. Sia l’imbibizione che l’irraggiamento possono essere eseguiti con modalità e tempi diversi. In particolare, vi è una tendenza nell’evoluzione della tecnica a utilizzare modalità che accelerano l’imbibizione della cornea da parte della riboflavina e irraggiamenti di maggiore intensità, che permettono di abbreviare notevolmente i tempi dell’intervento.

Cosa significano i termini epi-on, epi-off e iontoforesi applicati al CXL?
Epi-off è la prima tecnica, nella quale l’epitelio corneale viene asportato all’inizio del trattamento per far sì che la riboflavina penetri con facilità nella cornea: consente di ottenere un buon irrigidimento della cornea, ma è un po’ invasivo e fastidioso per il paziente, e il recupero visivo è piuttosto lento.
Epi-on significa che l’epitelio corneale non viene toccato e si utilizza una apposita formulazione di riboflavina che riesce ad attraversarlo per penetrare all’interno della cornea: questa modalità consente al paziente di avere meno disturbi ma l’effetto di irrigidimento sulla cornea è meno marcato rispetto alla tecnica classica.
La iontoforesi applicata al CXL consente di “forzare” il passaggio della riboflavina attraverso l’epitelio corneale grazie all’utilizzo di un lieve campo elettrico fornito da due piccole batterie. In questo modo si ottiene lo stesso effetto di irrigidimento della cornea della tecnica epi-off, ma senza gli inconvenienti ed i fastidi legati all’asportazione dell’epitelio.

Si tratta di un intervento doloroso?
No. L’intervento non comporta dolore. Vengono utilizzate delle gocce di anestetico e al termine dell’intervento viene applicata una lente a contatto terapeutica.

Quali sono i disturbi dopo l’intervento?
Con la tecnica epi-off sono normali una iniziale difficoltá a tenere l'occhio aperto, un certo fastidio specie alla luce e una certa lacrimazione, con una certa frequenza, dolore: tutto questo migliora rapidamente nell'arco di uno-due giorni. Con la tecnica di iontoforesi i disturbi sono minori rispetto alla tecnica epi-off. In pratica quasi nessun fastidio con la tecnica epi-on.

Quanto tempo impiega l'occhio a recuperare la vista?
Il recupero della vista può richiedere alcuni giorni e a volte settimane per la tecnica epi-off, mentre è più rapido per la tecnica con iontoforesi e con la tecnica epi-on.

Il difetto visivo preesistente può ridursi con il trattamento di CXL?
É abbastanza frequente assistere ad una lieve riduzione del difetto refrattivo (astigmatismo o miopia) indotti dalla malattia, con conseguente miglioramento della qualità visiva. Si tratta in genere di un miglioramento che si avverte nel giro di mesi e spesso tende a migliorare ulteriormente a 1-2 anni dal trattamento.

In conclusione, cosa si vuole ottenere con il CXL?
La tecnica, irrobustendo la cornea, si propone di stabilizzare la malattia. Se eseguito precocemente, può evitare la necessità di fare il trapianto di cornea.




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[Rif. CAMO, Centro Ambrosiano Oftalmico - Sito: camospa.it - Contatti/info: stampa@camospa.it]